Le carte di questo mazzo mettono in luce, e a confrontano, l’emissione di CO2 che viene prodotta durante determinate attività che fanno parte del nostro vivere quotidiano.
La popolazione mondiale continua ad aumentare. Secondo le Nazioni Unite saremo 9,8 miliardi nel 2050 e 11,2 nel 2100. Più persone sul pianeta significa più cibo necessario: il consumo sempre maggiore di carne dei paesi sviluppati e il crescente aumento di questa tendenza nei paesi in via di sviluppo rende il modello attuale assolutamente non sostenibile sul lungo periodo.
Più carne significa infatti più terra dedicata alla coltivazione dei vegetali necessari a nutrire gli animali allevati prevalentemente in modo intensivo; significa più consumo di acqua; significa crescenti emissioni di metano nell’atmosfera
Secondo Gianluca Felicetti, presidente LAV, e Franco
Bergamaschi, co-fondatore dell’Erbolario: «Se
adottassimo sia nella ristorazione privata, sia in quella collettiva un menù
completamente vegetale un giorno alla settimana, realizzeremmo un importante
abbattimento delle emissioni di gas serra e dell’impiego
delle risorse idriche». Ciò perché «Ogni
pasto tutto vegetale permette di risparmiare 1.656 grammi di emissioni
equivalenti di CO2 e acqua pari a 32 docce rispetto a un menù con
carne».
Inutile aggiungere che la spesa fatta al supermercato
con senno dovrebbe produrre molti pochi sprechi, quando siamo stanchi e annoiati
è facile chiamare un servizio di delivery che oltre al cibo che verrà
consumato ci consegna del packaging usa e getta altamente inquinante, pensateci due
volte la prossima volta!
Fonte: oggiscienza.it
Secondo uno studio mondiale della GFK, che ha coinvolto 22 paesi, il 56% degli abitanti del nostro pianeta vive con almeno un animale da compagnia. Facendo qualche calcolo, sarebbero, circa 800 milioni i compagni domestici nel mondo. Questo fatto ha, naturalmente, delle conseguenze sull’ambiente.
L’alimentazione dei nostri gatti e cani produce l’equivalente di CO₂ ogni anno pari a un anno di guida di 13,6 milioni di auto. Per la produzione del cibo dei nostri amici animali sono, infatti, necessari allevamenti intensivi di carne e di cibo in generale, luoghi specifici per lo smaltimento delle lettiere dei gatti (non tutte biodegradabili) o ancora la produzione di indumenti e di giocattoli di materiali non ecosostenibili. Inoltre, per evitare di favorire la riproduzione in allevamento dei nostri cani e gatti è meglio optare per l’adozione. Non solo è una buona azione in favore di un animale bisognoso, ma agirete così anche in favore del pianeta!
Fonte: wamiz.it
Alcune ricerche sostengono che ogni giorno, per circa 30 minuti, teniamo inutilmente accese le lampadine in casa, in ufficio e negli edifici pubblici. La luce prodotta dalle lampadine a basso consumo è più o meno equiparabile a quella delle lampadine a incandescenza, ma consumano fino a cinque volte meno energia e hanno una durata maggiore (fino a 6000 ore).
Il futuro però è rappresentato dalle lampadine a LED (acronimo di Light Emitting Diode) hanno caratteristiche molto promettenti e rappresentano il futuro dell’illuminazione artificiale. Hanno molti vantaggi, sia dal punto di vista di risparmio energetico sia di durata.
Fonte: www.qualenergia.it
Un bucato ecologico comincia – come tante altre nostre scelte – dal carrello della spesa. Tra i detergenti industriali, bisognerebbe dare sempre priorità ai biodetersivi che contengono sostanze biodegradabili e non inquinanti, senza fosfati, cloro, coloranti e formaldeide. Una delle abitudini più inquinanti quando si fa la lavatrice è aggiungere il detersivo “a occhio”. O peggio ancora, credere che più detersivo si mette più i panni saranno puliti. Non è così! Le dosi consigliate dai produttori sull’etichetta del detersivo di solito sono attendibili. L’ammorbidente è tra i prodotti più tossici in ambito domestico. È molto inquinante e poco biodegradabile, quindi il suo impatto ambientale è altissimo. Per funzionare in modo corretto, la lavatrice non dev’essere vuota ma nemmeno troppo piena. Io raccomando sempre di lavare a “pieno carico meno uno”. Anche lavare alla giusta temperatura ha un ruolo importante per fare un bucato ecologico. Quasi sempre è sufficiente lavare a basse temperature – 30-40° senza temere per l’efficacia del detersivo anche a freddo. Utilizzando una temperatura di lavaggio inferiore, la lavatrice può risparmiare fino al 70% di energia. Per un bucato ecologico, usa il meno possibile i programmi rapidi. Sono proprio quelli che in proporzione consumano più acqua!
Fonte: www.goodfoodlab.it
Oggi spedire una lettera è un gesto ritenuto obsoleto, abbiamo la possibilità di spedire E-mail comodamente dal computer.
La carta in questo caso non è di certo un’alternativa ecologica. Di fatto, Pitney-Bowes, un’azienda americana di tecnologia, ha pubblicato uno studio (Trovabile qui) nel 2008 che ha scoperto che la distribuzione Postale genera inquinamento dovuto al trasporto e alla carta utilizzata E’ stato anche calcolato che inviare una mail consuma l’1,7% dell’energia che consuma, invece, lo spedire una lettera.
Quindi la posta elettronica è in assoluto l’alternativa migliore? Tecnicamente sì, ma goccia dopo goccia si crea un mare. La quantità di email inviate ogni anno sovrasta il numero di lettere inviate. Il motivo è semplice: le mail vengono usate spesso per motivi non essenziali.
Da una analisi è emerso che nel Duemiladieci In Italia la cremazione è stata praticata in circa il 29% dei casi, ma oggi nelle due principali metropoli del Nord Italia, Torino e Milano, la percentuale misurata di cremazioni supera il 50% dei casi.
Il principale impatto ambientale degli impianti di cremazione moderni riguarda l’aria, poiché durante la cremazione nei forni si ha produzione di inquinanti atmosferici, in particolare polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti. Possono aggiungersi, inoltre, emissioni di mercurio (dall'amalgama presente nelle otturazioni dentarie), zinco (specialmente nel caso delle cremazione di tombe estumulate), diossine-furani e idrocarburi policiclici aromatici.
Fonte: it.wikipedia.org
A differenza di altri prodotti e alimenti, per ragionare sull'inquinamento causato
dal caffè è necessario partire dal consumatore finale. In altre
parole, tu. La pigrizia sta mettendo in serio pericolo l'ambiente e la
sopravvivenza dell'essere umano. In casa molti hanno abbandonato l’utilizzo
della Moka a favore delle cialde per risparmiare qualche secondo ma questo causa
ogni anno 120mila tonnellate di materiale inutile e inquinante, non riciclabile.
Torniamo alla Moka! il caffè in sé non sarebbe una coltivazione
altamente inquinante, se non che la situazione sta cambiando,
Secondo uno
studio pubblicato nel 2014 a opera di alcuni ricercatori
dell'Università del Texas, a partire dal 1996 le colture in ombra sono
passate dal 43% al 24% sul totale. Le piantagioni in pieno sole consentono infatti
di massimizzare i rendimenti e aumentare il profitto. Così, i boschi vengono
distrutti e se gli animali non tengono più lontani i parassiti, ci pensano i pesticidi
industriali. E questa è una delle ragioni per cui il grosso della produzione
si è spostato dall'Africa all'Asia, in particolare in Vietnam e Indonesia,
dove le leggi contro la deforestazione sono più blande e la
manodopera continua a costare poco.
Il cappuccino al bar ha l’aggiunta
del latte di cui puoi approfondire la sua impronta di carbonio con le relative
carte.
Fonte: www.ohga.it
Nel 2020, le emissioni globali di CO2 nell'atmosfera hanno raggiunto i 32 miliardi di tonnellate di CO2, un record che probabilmente sarà rapidamente superato poiché le traiettorie previste non prevedono alcuna diminuzione.
I tre Paesi con le maggiori emissioni di anidride carbonica (CO2) sono, senza dubbio, i tre Paesi più industrializzati del mondo: Cina, Stati Uniti e India. Tuttavia, la loro impronta di carbonio pro capite dà un risultato molto diverso.
L'impronta ecologica di un paese corrisponde alla pressione che gli esseri umani esercitano sul pianeta. Attualmente, per provvedere ai bisogni di tutti gli uomini, ci vorrebbero 1,7 pianeti.
L'impronta ecologica di Singapore è quindi pari a 99,5 volte la biocapacità che il suo territorio le consente.
Una considerazione da fare è che l’Italia, tra i paesi con economia avanzata, è sempre stato un basso emettitore di CO2.
Ovviamente nel 2020 le emissioni di CO2 hanno avuto un netto calo in quasi tutti i paesi del mondo a causa della crisi globale dovuta all’epidemia covid.
A parte il dato del 2020, che è poco significativo, le tendenze attuali delle emissioni globali assolute mostrano solo un rallentamento nella crescita, ma pensare di ottenere in pochi anni una netta inversione di tendenza è difficile, proprio perché, come detto, il dato dell’incremento demografico è destinato a modificarsi poco e allo stesso tempo le emissioni pro capite dei paesi in via di sviluppo continuano a crescere.
Fonte: climate.selectra.com
Le vacanze inquinano, purtroppo. E inquinano sopratutto le strutture alberghiere: si calcola che un hotel a quattro stelle di 200 camere può utilizzare quasi 300.000 pezzi di plastica monouso in un mese (a piena capacità).
All’arrivo alla meta vacanziera, l’impatto ambientale è diverso a seconda della scelta tra un hotel, un bed and breakfast, un Airbnb, un campeggio o una casa di proprietà. Scegliere di pernottare in un hotel costituisce l’opzione più inquinante. Il settore alberghiero rappresenta circa l'1% delle emissioni di CO2 globali: parliamo di strutture aperte esclusivamente per la ricezione di turisti, con consumi di energia e risorse non stop
Davanti a questa situazione, prendendo atto di una sensibilità sempre più diffusamente green, molti hotel si stanno attrezzando per affrontare una svolta verde. Si possono fare grandi passi, come usare acqua filtrata, preferire l’uso del vetro al posto della plastica, o di altri materiali alternativi, dal bambù alla carta al metallo, la sostituzione degli articoli da toeletta monouso con dispenser ricaricabili, o perseguire la scelta di piumini, cuscini, materassi e biancheria da letto realizzati con materiali naturali.
La classe energetica si calcola in base alla quantità di energia primaria
consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare i vari bisogni
energetici dell’edificio come la climatizzazione invernale ed estiva, la
produzione di acqua calda e l'illuminazione artificiale. Sono previste dieci
classi energetiche, che vanno dalla A4 alla G: se la quantità di energia
necessaria per soddisfare i bisogni energetici dell’edificio è minore
di 40 kwh per metroquadro/anno si ha un immobile di classe
energetica A4, se è maggiore di 368,48 kwh metroquadro/anno l’appartamento
ha una certificazione energetica di ultima classe, la G. Secondo la tabella, per i
fabbisogni di una casa in classe G è necessaria una quantità di
energia quasi dieci volte superiore rispetto ad una casa con certificazione
energetica di classe A4.
Secondo una ricerca del Politecnico solo il 3% degli
immobili di Milano infatti appartiene alla classe energetica A, se a Milano venisse
sostituito il 10% degli impianti di riscaldamento meno recenti con impianti più
moderni, si otterrebbe una riduzione delle emissioni pari al blocco del traffico per
6 settimane.
Per produrre una tonnellata di carta servono 17 alberi: una tonnellata di carta da smaltire occupa tre metri cubi di discarica e per produrre una tonnellata di carta si inquinano quasi 76mila litri di acqua. Questi sono fatti documentati. D’altra parte dobbiamo considerare il consumo energetico associato all’uso degli asciugatori elettrici. E il consumo di energia e di materiali necessari per fabbricarli. E sull’inquinamento atmosferico causato per alimentarli. Gli studi hanno rivelato anche altro: quando usiamo un apparecchio elettrico per asciugarci le mani impieghiamo il doppio del tempo (fino a 25 secondi) necessario per asciugarle con una salvietta di carta o cotone (circa 10 secondi). Infine ci sono i pareri delle persone: il 54 per cento degli intervistati in una ricerca sul tema in Germania ha dichiarato di preferire le salviette di carta; solo il 24 per cento preferisce gli asciugamani elettrici, mentre uno sparuto 11 per cento opta per gli asciugamani di cotone.
Fonte: www.internazionale.it
Ormai è chiaro a tutti che l’acqua è un bene prezioso e che le riserve idriche scarseggiano sempre più mentre la popolazione mondiale aumenta e così il suo consumo. Si parla però di 1 miliardo di persone al mondo che non ha ancora acqua potabile e di ben 4 miliardi o metà della popolazione mondiale che non ha accesso a questo bene.
Dati che ci fanno capire che i fortunati che hanno a disposizione elevate quantità di acqua la stanno sprecando a dismisura. Tra questi fortunati noi Italiani siamo tra i primi per disposizione ma anche per sprechi: purtroppo l’Italia per consumo di acqua giornaliero occupa un primato in Europa che non ci dovrebbe rendere felici ma consapevoli del fatto che stiamo sbagliando molto e tutti nella gestione di tale bene.
Si è valutato in 5 litri pro capite il fabbisogno minimo biologico giornaliero di acqua. Dovremmo coprirlo per metà bevendo acqua potabile del rubinetto o in bottiglia e per metà con l’acqua disponibile negli alimenti, in particolare frutta e verdura. Partendo dal presupposto che senza acqua non si vive oltre una settimana, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) consiglia una disponibilità non inferiore ai 50 litri a persona per garantire condizioni di vita accettabili. Ma per molti paesi nel mondo questa è una utopia.
L’obiettivo comune e in ogni ambito è ridurre il consumo e gli sprechi di acqua. Risparmiare acqua è necessario non solo per ridurre le spese familiari ma anche per assicurarci nel tempo la disponibilità di questo bene vitale. La superficie della Terra è quasi tutta ricoperta di acqua (71%) ma il 97,5% è salata e, del restante 2,5 %, solo l’1% è utilizzabile per le attività umane e sta diminuendo. Bisogna quindi che ognuno di noi inizi a ridurre questo costo vitale e sociale importante per la sostenibilità della vita stessa!